Quanto prenderò di pensione? Le informazioni e i ritardi della busta arancione
Si tratta di una informativa che l’istituto di previdenza manda ai lavoratori, più o meno con una certa regolarità o seguendo delle scadenze, per informarli sull’importo della pensione. Fanno così, ad esempio, nei Paesi del Nord Europa, per dare la possibilità ai lavoratori di sapere su quante risorse potranno contare dopo l’uscita dal mondo del lavoro e, nel caso, di intervenire prima con formule di previdenza integrativa.
Un sistema, dunque, trasparente. Ma come siamo messi in Italia? E perché serve sapere per tempo con quanto si andrà in pensione?
Busta arancione: una necessità dopo l’avvio del sistema contributivo
Tutto dipende dal cambio del metodo di calcolo.
Con il sistema retributivo, infatti, la pensione equivaleva ad una percentuale, circa l’80%, delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro. Era facile, dunque, per il singolo fare due calcoli per sapere quanto sarebbe stato il vitalizio.
Questo sistema è stato però sostituito dal calcolo contributivo, perché le dinamiche demografiche ed occupazioni hanno reso sempre meno sostenibile il sistema previdenziali.
Con il contributivo, ciascuno percepisce una percentuale di quanto ha versato in termini di contributi. E qui arriva il nodo del problema. Le carriere lavorative, infatti, sono difficilmente lineari. Nel migliore dei casi, si parte con uno stipendio di un certo livello che poi, progressivamente, aumenta. Stando alla situazione occupazione attuale, può facilmente accadere che la carriera sia interrotta da periodi di disoccupazione, cassa integrazione, frequenti cambi di lavoro che portano ad un continuo sali-scendi del livello del reddito. Non è, dunque, facile sapere esattamente quanto si è versato e, di conseguenza, a ridosso della pensione si rischia di non avere la minima idea di quanto si percepirà.
Per questo è necessaria l’informazione trasparente. Solo sapendo con un certo anticipo a quanto ammonterà il vitalizio, ciascuno può fare i suoi calcoli e decidere che l’assegno sarà sufficiente a sostenere le proprie esigenze o, viceversa, che è necessaria un’integrazione.
Ecco perché la busta arancione è indispensabile.
Busta arancione: a che punto siamo
Sebbene se ne parli da 20 anni, solo a maggio 2015 l’Inps ha aperto un canale di informazione che fa luce sulle pensioni future.
Non si è mai riusciti prima perché si tratta di un’operazione trasparenza che può avere i suoi costi politici.
Nel 2010, l’allora presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua diceva: «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale».
A dicembre 2015 hanno fatto scalpore le affermazioni del nuovo presidente dell’istituto di previdenza Tito Boeri: i trentenni di oggi dovranno lavorare fino a 75 anni per avere la pensione e in tasca si ritroveranno assegni molto meno pesanti rispetto a quelli attuali.
Tuttavia, tenere all’oscuro i lavoratori su quello che sarà il loro futuro, può pagare (in termini politici) nel presente, ma fra trent’anni, quando arriveranno i primi assegni, a subirne le conseguenze saranno i diretti interessati, che si troveranno con la metà del reddito senza più avere possibilità di intervenire.
Da maggio, si diceva, è online sul sito dell’Inps il servizio che consente di simulare il calcolo della pensione. Non viene dato un importo preciso, che, per la natura stessa del metodo di calcolo, sarà noto solo dopo l’ultimo versamento dei contributi. La stima,comunque, può rendere l’idea.
Circa un milione di lavoratori hanno avuto accesso al sistema, ma è sufficiente il programma online?
Lo stesso Boeri ha affermato in queste settimane che «bisogna raggiungere tutti, dobbiamo trovare il modo. Non si può sostituirle (le buste arancioni, ndr) con la comunicazione online, visto che c’è chi non ha il Pin. Proprio chi non è digitalizzato ha più bisogno di ricevere la busta arancione. La tutela del risparmio passa per la consapevolezza».
La differenza tra la comunicazione online e quella cartacea non è solo questione di forma.
La prima ha come premessa che la persona sia informata e che sia in qualche modo già consapevole dell’urgenza di ricerca l’informazione sulla pensione.
La seconda, invece, arriva ovunque, anche a chi non è informato su pensioni, metodo contributivo e altro: probabilmente, la maggior parte degli italiani.
Ma cosa frena l’Inps dall’invio dell’informativa? Questione di francobolli. L’impegno di spesa, infatti, è limitato, per cui non ci sono risorse per inviare a tutti la busta arancione a casa. Per ora, arriveranno nella cassetta della posta a 150.000 lavoratori.